Un viaggio cromatico tra archi e pattern: la nuova sede di Abu Gosh a Mosca firmata Studio Shoo

Studio Shoo firma il secondo locale della catena Abu Gosh che unisce design contemporaneo e tradizione mediorientale
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Photography by Katie Kutuzova

Mediorientale pop a qualche passo da Piazza Rossa: a Mosca, al numero 27 di Trubnaya Boulevard, apre il suo secondo ristorante moscovita Abu Gosh, tempio dello street food Middle Eastern che nella capitale russa unisce innovazione e tradizione servendo piatti coloratissimi quanto gustosi. Lo spazio, un piccolo edificio storico a due piani, ex laboratorio creativo, è stato reinventato dal team di designer e architetti di Studio Shoo.
“Abbiamo affrontato un compito difficile”, sottolinea la fondatrice di Studio Shoo Shushana Khachatrian, “da un lato, abbiamo dovuto salvaguardare quell’atmosfera unica che già contraddistingue il primo Abu Gosh in vicolo Sivtsev Vrajek, dall’altro, abbiamo dovuto pensare con cura a come la dimensione di questa sede potesse accogliere i nuovi ospiti”.

Photography by Katie Kutuzova

Il risultato è un café di 127 metri quadrati che, disposto su due livelli, avvolge i visitatori in un gioco di geometrie e colori multicolor. Il corridoio all’entrata culmina con una pesante tenda blu elettrica che, se aperta, rivela l’open space del piano terra. Qui, il protagonista assoluto è il lungo bancone dedicato alla preparazione dei piatti: con cucina a vista, lo showcooking diventa un viaggio tra i sapori e i profumi del Medio Oriente.

A dare carattere allo spazio sono le piastrelle di Elisa Passino, che creano un motivo decorativo con accenti di rosa, blu chiaro e blu profondo. Il pattern, con le sue forme circolari e trame ripetute, richiama sottilmente gli archi delle porte e delle mensole, creando un’atmosfera che bilancia perfettamente l’estetica contemporanea con richiami alla tradizione mediorientale.

Photography by Katie Kutuzova
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Accanto a un piccolo espositore di prodotti locali mediorientali e una selezione di stoviglie fatte a mano in vendita, il grande tavolo comune diventa il cuore sociale del locale, un invito alla convivialità per famiglie e gruppi di amici. Chi preferisce uno spazio più raccolto può scegliere gli angoli lungo le pareti che, dotati di prese elettriche, si trasformano in perfetti punti di appoggio per uno spuntino veloce, una riunione online o una lezione su Zoom.

Il design di Abu Gosh riconosce così le nuove esigenze della ristorazione contemporanea, dove il ristorante non è più solo luogo di consumo ma anche di incontro, lavoro e scoperta culturale.

Photography by Katie Kutuzova
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Percorrendo la scala che conduce al piano superiore, l’atmosfera cambia completamente. Se il piano terra celebra la vivacità e l’energia del cibo di strada, il sottotetto si trasforma in un ambiente più raccolto e intimo che ricorda le zone living di un’abitazione privata.

Questa trasformazione è stata guidata anche da una fortuita scoperta durante i lavori. Il team di Studio Shoo, mentre rimuoveva parti della struttura esistente, ha portato alla luce una cavità nascosta nel soffitto. L’indagine storica ha rivelato che si trattava dell’alloggiamento originario di un camino, un elemento architettonico che Khachatrian e il suo team hanno saggiamente scelto di conservare e valorizzare come testimonianza della storia dell’edificio.

“Ogni edificio racconta una storia,” commenta la designer, “e talvolta la ristrutturazione diventa un processo di riscoperta. Questa traccia del passato si è rivelata un’opportunità per aggiungere carattere allo spazio anziché un ostacolo da eliminare.”

Photography by Katie Kutuzova

L’ambiente è caratterizzato da un’illuminazione particolarmente studiata: una collezione curata di lampade decorative anni ’60 pende dal soffitto, diffondendo una luce calda che contrasta piacevolmente con le tonalità più fredde delle pareti. Gli arredi in legno naturale aggiungono calore materiale all’ambiente, creando nicchie accoglienti dove il tempo sembra rallentare – un contrappunto perfetto al ritmo più serrato del piano inferiore.

Photography by Katie Kutuzova
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